di Natale G. Frega
Lo stretto legame esistente tra gli alimenti e l’uomo, o meglio tra gli alimenti e la salute dell’uomo, fu riconosciuto fin dai tempi più antichi tanto che Ippocrate (460-377 a.C.), padre della medicina occidentale, affermò che “La salute positiva dell’uomo richiede la conoscenza della sua costituzione ed il potere dei vari cibi naturali o elaborati dalla sua abilità”. Tale concetto, con il passare dei secoli, fu sostenuto anche dalla Scuola Sanitaria Salernitana (XI-XII sec.) che sottolineava come “Il medico del cibo osservar deve: quanto e qual sia, di che sostanza, e quando debba prendersi”; da Leonardo da Vinci (1452-1519) il quale affermava che “La vita dell’omo si fa delle cose mangiate”; da Ludwig Feuerbach (1804-1872), filosofo umanista tedesco, il quale, a conferma dell’importanza della dieta e dei nutrienti con essa apportati, affermava che “l’uomo è ciò che mangia”.
Queste grandi intuizioni acquistano, oggi, ancora maggiore significato in quanto le ricerche svolte recentemente nel campo della nutrizione sottolineano ed esaltano il concetto secondo il quale la dieta gioca un ruolo molto importante nella modulazione di varie funzioni metaboliche. Oggi sappiamo, infatti, che gli alimenti, oltre ad apportare l’energia necessaria per lo svolgimento dei normali processi metabolici dell’organismo, sono una fonte unica di “principi attivi” quali antiossidanti, vitamine, minerali, acidi grassi polinsaturi aventi effetti benefici sulla salute. Questo significa che la dieta ed i suoi componenti possono contribuire ad uno stato di benessere, ad una riduzione dei rischi correlati a determinate patologie e ad un miglioramento della qualità della vita.
L’alimentazione, inoltre, rappresenta un bisogno prioritario per l’uomo, ma a seconda delle diverse situazioni e circostanze in cui questo bisogno viene soddisfatto, cambiano sensibilmente i modi, gli indirizzi, le scelte e gli usi a cui vanno incontro i consumi dei vari alimenti. L’aumento del reddito pro-capite, la diversa struttura sociale, il differente stile di vita hanno modificato inoltre i bisogni alimentari, i modi e gli strumenti per soddisfarli, comportando una rilevante modificazione nei sistemi di produzione, di trasformazione e di distribuzione degli alimenti. Soddisfatti i bisogni quantitativi e forti del cresciuto reddito disponibile, oggi, ma sicuramente ancor più nel prossimo futuro, l’uomo orienta la scelta dei prodotti in base alla qualità, alla composizione e, in modo particolare, alla loro valenza nutrizionale e salutistica.
Questo ultimo aspetto è certamente il fattore dominante ed è con esso che dovrà sempre più confrontarsi tutta la filiera produttiva, dalla produzione vera e propria alla trasformazione, dalla conservazione alla distribuzione fino al consumatore, ogni giorno di più influenzato dalle preoccupazioni salutistiche per il costante timore di potenziali danni alla propria salute causati da una scorretta alimentazione e sempre più attento ed esigente anche sotto l’aspetto della sicurezza alimentare. La definizione della qualità di un alimento è la risultante di tutti i fattori che contribuiscono a determinare la sicurezza d’uso del prodotto (Sicurezza alimentare) e dei parametri che determinano la qualità nutrizionale dello stesso.
La sicurezza alimentare viene stimata valutando le condizioni igenico-sanitarie di un alimento (presenza di microrganismi patogeni, presenza di sostanze nocive) che devono essere rispettate, al fine di assicurare la salubrità e la non tossicità degli alimenti. La qualità nutrizionale di un alimento si deduce dagli apporti in nutrienti e in energia e dalla capacità che questi apporti hanno a coprire le necessità fisiologiche dell’organismo. Essa viene definita come la capacità di un alimento di nutrire correttamente, soddisfacendo il fabbisogno energetico, plastico e idrico dell’organismo e comprende sia l’aspetto quantitativo, cioè l’energia libera dell’alimento ed utilizzabile dal consumatore, che quello qualitativo che considera la valenza nutrizionale dei suoi sostituenti.
Gli alimenti sono costituiti in misura più o meno ponderata da macronutrienti (proteine, grassi, zuccheri) che per essere utilizzati, debbono essere preventivamente digeriti liberando i rispettivi monomeri (amminoacidi, acidi grassi, monosaccaridi) e da micronutrienti (vitamine, sali minerali, polifenoli, fibra alimentare). La presenza di micronutrienti, in molti casi, aumenta la valenza nutrizionale dell’alimento, dato che questi composti sono spesso correlati ad un aumento del benessere dell’organismo. Ad esempio, confrontando il valore nutrizionale dell’olio di semi con quello dell’olio extravergine di oliva emerge che, il valore nutrizionale dell’olio di semi è inferiore a quello dell’olio extravergine di oliva. Infatti, sia l’olio di semi che quello extravergine di oliva, costituiscono fonti di lipidi, ma solamente l’olio extravergine di oliva fornisce molecole a carattere polifenolico, ovvero un gruppo di sostanze, ad azione antiossidante, implicate nella prevenzione dei processi degenerativi dell’organismo. L’assenza degli antiossidanti nell’olio di semi è riconducibile alla loro degradazione durante il processo di raffinazione, processo inevitabile se si vuole rendere commestibile l’olio di semi.
L’elevato valore nutrizionale di un alimento può anche essere legato alla composizione qualitativa dei macronutrienti. Ad esempio, analizzando il valore nutrizionale delle carni bovine e suine e, confrontandolo con quello delle carni di pesce, emergono delle differenze sostanziali, riconducibili alla diversa composizione qualitativa del grasso. Infatti, sia le carni che il pesce apportano proteine di elevata qualità (circa il 40% delle proteine è costituito da amminoacidi essenziali per l’organismo), il cui contenuto varia dal 15 al 20%, a seconda del tipo di carne e di pesce. Inoltre, sia nelle carni che nel pesce è rilevante il contenuto di ferro-eme, che si rende più biodisponibile del ferro assunto con alimenti di origine vegetale. Per quanto concerne i grassi, nelle carni bovine e suine essi sono formati prevalentemente da acidi grassi saturi e monoinsaturi, mentre il grasso del pesce è in prevalenza costituito da acidi grassi polinsaturi, ed in particolare da acidi grassi ω-3, che sono implicati nella prevenzione di malattie cardiovascolari. Per di più, anche il contenuto di vitamine liposolubili A e D nel pesce è superiore a quello delle carni. Da queste considerazioni è facilmente deducibile che, sulla base della composizione qualitativa del grasso, il pesce ha un valore nutrizionale superiore a quello delle carni bovine e suine.
Concludendo, si può dire che lo studio dei fattori che contribuiscono a determinare la qualità nutrizionale degli alimenti risulta avere un ruolo chiave nella scelta dei prodotti alimentari. L’alimentazione per essere “sana” non deve basarsi solo sulla scelta di alimenti “sicuri” dal punto di vista igenico-sanitario, ma deve utilizzare anche le giuste quantità degli alimenti, in modo da apportare tutti i nutrienti e i non nutrienti, necessari per il corretto funzionamento dell’organismo umano. Inoltre, l’integrazione sempre più completa fra ricerca biomedica e tecnologie agro-alimentari sembra, quindi, oggi la strategia vincente verso la prevenzione di patologie rilevanti e con gravi risvolti di ordine sociale. A questo deve associarsi una campagna educativo-alimentare rivolta alla popolazione ma anche a tutti coloro che, a vario titolo, ricoprono ruoli di formazione.