Le cento città

LA PERDITA DI MICHELE LA PLACA, NOSTRO SOCIO D’ONORE, NEL RICORDO DI GIOVANNI DANIELI

MICHELE-LA-PLACA

Michele La Placa

Era il dicembre 1972 ed il ComitatoTecnico – Giancarlo Castiglioni, Michele La Placa, Giorgio Segre – istituito dal  Ministro per costruire la Facoltà di Medicina di Ancona, aveva convocato per la prima volta tutti i nuovi Docenti.

Con lo humor che gli era congeniale Michele La Placa aprì l’incontro con queste parole: “ Sono certo che tutti voi sarete d’accordo con me nell’affermare che il Comitato Tecnico, attuando la selezione dei Docenti, ha fatto un ottimo lavoro…”

Così con il suo incipit Michele conquistò tutti noi e nessuno dei presenti mostrò il minimo cenno di dissenso.

L’umorismo, quel suo modo di trattare con sottile ironia fatti e personaggi oggetto di una conversazione, era in realtà una delle sue caratteristiche principali, insieme ad una straordinaria intelligenza e ad una singolare chiarezza di idee.

 

E’ morto a Bologna il 7 ottobre 2015. Siciliano d’origine, si era formato a Bologna alla scuola del Prof. Rosa, di cui fu brillantissimo allievo. Molto precocemente divenuto Ordinario di Microbiologia, fondò e diresse per molti anni, nel Policlinico S. Orsola di Bologna, un Istituto di Microbiologia che doveva ben presto divenire Centro di ricerca avanzata. Ricerca che, fatto certamente non comune per quei tempi e che  prefigurava la medicina translazionale di oggi, veniva immediatamente trasferita all’ambito clinico. Aveva cioè costruito nel Sant’Orsola un Servizio di Microbiologia e di virologia che forniva diagnosi avanzate alle cliniche ed a tutto il territorio.

 

Nella ricerca, con felice intuito,  aveva contribuito a rendere visibile il mondo invisibile dei virus, ma la sua ricerca non si limitava a questo, i suoi interessi di ricercatore si estendevano alla Biologia, alla Genetica, alla nascente Immunologia.

 

Era un brillangte docente, le sue lezioni erano frequentatissime, mentre la sua attitudine didattica lo portava a produrre un trattato, Principi di Microbiologia medica, destinato a diffondersi in tutta Italia. La prima edizione fu del 1971, l’ultima del 2014, un anno prima della sua scomparsa, testimonianza questa della sua passione e della sua lucidità pienamente conservate. Tra queste due edizioni ve ne sono state ben altre dodici.

 

Amava scrivere e non solo di scienza, ma di costume, di politica – lui repubblicano storico per tutta la vita anzi lamalfiano, come precisava -, di attualità sociale. Una delle sue opere più significative Virus e batteri, il nemico invisibile è un vero gioiello ove una scienza senza confini viene divulgata per l’apprendimento di tutti.

 

Uomo dalla personalità esuberante e di grande carisma, Michele è stato un “barone”, anzi un principe, come lui scherzosamente si autodefiniva; barone nel senso più nobile del termine, dotato cioè di un potere conquistato sul campo, ma un potere in grado di generare e diffondere cultura. Molti suoi Allievi ricoprirono cattedre di Microbiologia, in tante città italiane, portando ovunque l’insegnamento del Maestro.

 

Era amato dai suoi Collaboratori, dai suoi Studenti, da Signore e Signorine.

Era molto legato alla sua famiglia, di cui era visibilmente orgoglioso, alla moglie Bruna la cui morte improvvisa gli procurò un dolore che doveva accompagnarlo negli ultimi anni della sua vita, ed ai figli Michelangelo e Francesca il primo dei quali, in campo dermatologico, ha felicemente seguito le orme paterne.

 

Godeva della buona tavola e della buona compagnia. Venendo ad Ancona aveva scoperto Numana, che scelse quale sede delle sue vacanze. Nella sua villetta tra gli alberi, ma anche in casa mia o di Lalla Mazzanti, ci trovavamo spesso, Michele ed io, con Ugo Salvolini verso cui nutriva ammirazione ed affetto, Giuseppe Sprovieri all’epoca Primario del Laboratorio e Vittorio Mioli di Nefrologia,  nell’Ospedale Umberto I di Ancona; si giocava a tressette, interminabili e accanite partite che immancabilmente si concludevano con la derisione degli sconfitti, oppure si restava a parlare e la conversazione spaziava in tanti campi e, in ognuno di essi, le sue sintesi erano sempre lucide ed i giudizi taglienti.

 

Caro Michele, siamo in tanti a doverti molto di quello che siamo. Ti ricorderemo sempre con grande affetto, rivivendo i comuni momenti felici, ma anche con il rimpianto di non poterti più dire le parole che abbiamo dentro e che non potranno, ahimè, mai più raggiungerti.

 

 

Giovanni Danieli

 

 

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