di Laura Cavasassi
Ha senso in una realtà come quella attuale, gravida di problemi di ogni sorta, dedicare spazio alla filosofia?
Ad una siffatta domanda, proprio perché impudentemente retorica, si risponde con un fragoroso si!
Il filosofo francese contemporaneo Edgar Morin propone, provocatoriamente di sostituire ad una via dello sviluppo, che produce sottosviluppo, la via di una “politica della civiltà” nella prospettiva di un nuovo Umanesimo, il cui progetto si basi saldamente nella ricerca scientifica e filosofica. Per chi non crede al caso è singolare che il sito della Associazione Le cento Città, di cui ricorre quest’anno il ventennale con la presidenza del Prof. Giovanni Danieli si inauguri proprio nel mese di novembre, mese che l’Unesco ha scelto per celebrare ogni anno le giornate mondiali della filosofia nel prestigioso palazzo di Rue de Fontenoy, a Parigi. Perché è bene ribadire che la libertà ed il progresso di uno stato e degli stati tutti hanno fondamento nel progresso della cultura dei loro cittadini, che vuol dire cercare un equilibrio tra la cultura europea e le altre grandi culture del mondo con le quali è doveroso imparare a dialogare.
Esiste, dagli anni settanta del secolo scorso una prestigiosa struttura che si pone l’obbiettivo di tenere alto e desto l’interesse della filosofia fra gli uomini: si tratta dell’Istituto italiano per gli studi filosofici con sede a Napoli, fondato da un uomo di cultura e mecenate che è l’avvocato Gerardo Marotta. L’Unesco in una risoluzione del 1993 ha definito l’Istituto di Napoli una “Istituzione culturale che non ha termini di paragone al mondo” e sempre negli anni novanta il Parlamento Europeo ha dedicato una solenne seduta alla presentazione dell’”Appello per la filosofia” di cui l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici si è fatto promotore e che ha avuto tra i suoi primi firmatari filosofi come Gadamer (nella foto insime alla Prof.ssa Laura Cavasassi), Ricoeur, Derrida e il fisico Prigogine.
In un momento in cui le Università languono per penuria di fondi è bello ricordare che una parte consistente di ricercatori, docenti, borsisti si è sostanzialmente educata presso l’Istituto che ha costituito e ancora costituisce una vera scuola di educazione permanente. Ciò è avvenuto sia nella sede di Napoli sia nelle numerose Scuole Estive di Alta Formazione Filosofica sparse in tutto il territorio italiano. Anche nella nostra regione Marche è presente l’istituzione delle Scuole Estive e chi scrive coordina quella di Ancona che è arrivata alla ventesima edizione. In consonanza con le linee guida della struttura di Napoli queste realtà intendono testimoniare la tenacia di chi non vuole arrendersi dinanzi alle difficoltà della crisi, puntando sullo sviluppo dello spirito critico che, avendo a cuore la necessità di salvaguardare la cultura umanistica e scientifica, punta sul ruolo della filosofia. Questo è quanto le Scuole Estive si propongono di attivare tramite i seminari che si organizzano e si svolgono nel corso dell’anno.
L’ultima tematica affrontata, nel mese di ottobre 2014, dalla Scuola di Ancona è stata quella riguardante le radici storiche e filosofiche dell’Europa, tema quanto mai attuale e di stretta pertinenza con gli intendimenti e lo spirito della filosofia intesa come pedagogia civile. La relatrice è stata Vera Negri Zamagni, della Università di Bologna, filosofa ed economista. La Professoressa ha analizzato le radici economiche, storiche, culturali e politiche che, nel corso dei secoli, hanno contribuito a formare l’identità del continente che, a suo modo di vedere, costituisce una caratteristica esclusiva dell’Europa: invano cercheremmo infatti in altre civiltà il crearsi del mercato su base di scambi monetari, l’attestarsi della cultura su canoni di classicità e di razionalità con il contributo dell’antica Grecia, di Roma, dell’ebraismo, il formarsi di poteri politici forti come imperi e regni basati sullo spirito delle leggi, sulla Libertà-sull’Ordine- Giustizia-Tassazione-Beni Pubblici e la Società Civile organizzata con libere ed elettive associazioni. Solo la cultura europea è debitrice alla regola monastica, soprattutto quella benedettina, per la nascita della economia occidentale basata sul lavoro e sulla trasformazione delle materie prime in prodotti commerciabili, mettendo in connessione le due dimensioni della contemplazione e del lavoro, superando così il forte iato che prima esisteva tra Ora et Labora. Successivamente, la regola francescana sosterrà il principio che nessuno può diventare ricco da solo ma è indispensabile rendere ricca la comunità, vedi in “Ricchezza francescana” D’Agostini.
In sostanza la civiltà europea si connota per il fatto di trovare la propria scaturigine nella copresenza di parole-concetto come Libertà-Ordine-Giustizia-Tassazione-Beni pubblici che secondo la Zamagni sono sconosciute nelle civiltà della Cina e dell’Islam. Anche la rivoluzione industriale è nata in Europa grazie alla maggiore libertà di cui godevano i cittadini e se possiamo affermare che nessuno stato è giunto da solo a rappresentare queste caratteristiche possiamo parlare tuttavia di civiltà europea perché spagnoli, francesi, inglesi, tedeschi ed italiani, tutti insieme, hanno contribuito a formare l’identità dell’Europa. La ricca relazione della Professoressa Zamagni si è conclusa sostenendo che il welfare nasce nelle città medievali italiane, ove ci si preoccupava di non lasciare i poveri per strada; nel 1880 per primo il cancelliere tedesco Bismarck lo ha istituzionalizzato.