di Fabio Brisighelli
Il mio intervento d’apertura per il sito delle Cento Città ( Sezione Arti, Rubrica Musica) è di cronaca, riguarda un argomento di stretta attualità: la situazione dello “spettacolo dal vivo”, con specifico riguardo al teatro d’opera e in relazione ai teatri che ne sono promotori, segnatamente nelle Marche. E’ un preciso cahier de doléances che vi presento, cari amici e sodali della nostra Associazione, simile a quelli che i deputati agli Stati Generali di Parigi presentarono al Re di Francia nel lontano 5 maggio 1789 a nome delle loro circoscrizioni, sorta di primo atto della Rivoluzione alle porte. Ma io non chiedo qui la trasformazione della monarchia da assoluta a costituzionale: la nostra democrazia “repubblicana” per fortuna è sufficientemente consolidata. Chiedo soltanto una vostra attenzione sulla spinosa situazione del Teatro delle Muse, la cui programmazione lirica naviga in acque quanto mai tempestose. In questa direzione mi sento purtroppo un Don Chisciotte solitario che si agita contro i mulini a vento di un’ indifferenza diffusa in sede locale verso il problema ( quando non di vera e propria avversione per esso), deluso e irritato dalla risposta istituzionale puntuale e ricorrente che segue lo scontato motivo conduttore della mancanza di risorse finanziarie. Su questo delicato argomento avrei piacere di promuovere un dibattito al nostro interno per accrescere una necessaria opera di sensibilizzazione pubblica, che mi auguro non giunga tardiva. Una necessaria premessa: per quanto attiene alla lirica, le realtà territoriali consolidate e di spicco sono sostanzialmente quattro: due estive, coincidenti con la stagione dello Sferisterio di Macerata (stagione all’aperto seconda solo a quella dell’Arena di Verona) e con Il Rossini Opera Festival di Pesaro; nella stagione autunno-inverno svolge la sua programmazione, nell’ambito della Fondazione Spontini-Pergolesi, la città di Jesi con un cartellone operistico di tutto rispetto, che si sviluppa normalmente tra ottobre e dicembre. Da una decina d’anni sono scese in campo le Muse di Ancona, tornate alla ribalta della lirica nel 2002, dopo 59 anni di assenza. Nell’assecondare la loro “ragione sociale” preminente di teatro lirico e musicale, in questo decennio circa di programmazione operistica di alto livello, con due numi tutelari del prestigio e del valore di Claudio Orazi prima, poi di Alessio Vlad, si sono accreditate, secondo il giudizio unanime della stampa nazionale ed estera e del grande pubblico (anche internazionale), come il teatro che ha prodotto in regione alcuni degli spettacoli più belli, in due occasioni fatti oggetto di premi prestigiosi (il “Premio Abbiati”, ad esempio, ovvero l’ “Oscar” nazionale della lirica, e un altro di valenza europea). Il Teatro delle Muse, il più grande delle Marche e il più dotato di tecnologie di palcoscenico d’avanguardia, avrebbe dovuto diventare da subito il punto di riferimento della programmazione lirica invernale, associando il Pergolesi di Jesi con modalità da studiare, e lasciare a Pesaro (Rof) e a Macerata (Sferisterio) la loro funzione di spicco di un’offerta di grande rilievo ma ancorata ai mesi “estivi” di luglio e di agosto. In questa direzione non si è agito come si sarebbe dovuto: con la programmazione triennale richiesta ora dal Ministero competente, tutto si fa più difficile. Ma Ancona non deve mollare. E’ mai possibile che ad Ancona non si sia creato o non possa crearsi un partito della convergenza, e che sull’argomento si proceda invece in ordine sparso, con ciò favorendo il disinteresse e la contrarietà delle autorità locali, che sembrano aver liquidato la questione al massimo prospettando soluzioni di ripiego? Da sempre si vorrebbe fare di Ancona, capoluogo di regione, un centro di attrazione turistica (con scarsi risultati, a tutt’oggi). Si sappia allora che molti hanno conosciuto la città non con la passeggiata veloce del crocierista, ma perché hanno avuto occasione di fermarsi per occasioni di lavoro legate alla stagione lirica. E tra questi “molti” ci sono nomi altisonanti del mondo dell’opera, come Riccardo Muti, Pier Luigi Pizzi, i cantanti, i direttori, i registi di levatura internazionale che si sono esibiti alle Muse, e che hanno costituito – e possono ancora costituire – veicoli utilissimi di diffusione di quanto di positivo hanno loro stessi sperimentato, nei confronti dei loro colleghi e di altro pubblico. Il ruolo di Ancona quale centro della “Macroregione Adriatico-Jonica” passa anche per la valorizzazione piena delle sue strutture e dei suoi contenitori pubblici di maggior rilievo. Per tutto questo io non mi rassegno, e continuo a combattere.