di Giovanni Danieli
Tullio, per tutto il 2007 Presidente de Le cento città sino al momento della sua scomparsa, era stato il presentatore dell’esposto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pesaro per il recupero dell’Atleta di Fano. .Ora Tullio non è più con noi ed a me è gradito ricordarlo, cominciando con il rivedere l’Amico nella sua casa.
Nell’anno della sua presidenza, con cadenza quasi mensile, Tullio riuniva il Consiglio quasi sempre all’ora di pranzo o di cena. Mi piace ricordare quei momenti, il menu preparato sotto la guida di Rita, affettuosamente premurosa verso i suoi ospiti, era semplice e raffinato nello stesso tempo. Tullio amava ed esaltava tutto ciò che veniva servito, il Bianchello che si beveva da lui, ottenuto da una fattoria sconosciuta a noi poveri mortali, era il migliore possibile, così come l’olio d’oliva, raro e profumato, che faceva venire da chissà dove, e le pizze che venivano preparate, da un cuoco che lui aveva scoperto, nel forno a legna del suo bellissimo giardino. Non vi erano in lui né vanità né esibizionismo, ma solo gioia di condividere con i suoi affetti, con gli amici e nella sua casa, i piaceri della conversazione e della buona tavola.
In quegli anni Tullio aveva scoperto la felicità di possedere una grande fede, era un cristiano più che un cattolico, ma di un cristianesimo efficace, costruttivo, finalizzato ad edificare una chiesa libera dagli stereotipi del passato. Ad un certo punto della sua vita aveva incontrato Dom Salvatore Frigerio che, folgorato sulla via di Damasco, era passato in età ormai adulta al monachesimo camaldolese. Fu questo un incontro che doveva segnare la vita di Tullio. Dom Salvatore predicava un cristianesimo nuovo che lo affascinò. Insieme compirono molte imprese, tra queste l’attivazione del Collegium Scriptorium Fontis Avellanae del quale Dom Salvatore era l’anima e Tullio l’attivissimo Segretario, collegio che si riuniva periodicamente e che doveva diventare un centro di studi per il rinnovamento del pensiero cristiano. Realizzarono poi, insieme ad altre persone di buona volontà da lui coordinate il recupero dell’Eremo di Montegiove che era destinato all’alienazione.
Ho parlato di Tullio come uomo e come cristiano militante, perché sono di lui le caratteristiche che più mi hanno colpito, ma non dimentico certo la sua brillante attività professionale. Tullio era un avvocato di grido, titolare di uno studio legale di successo, studio che continua ora la sua attività grazie all’opera del figlio Tristano e di altri valorosi suoi ex-collaboratori; ricordo poi che Tullio era un Accademico della cucina, un grande esperto di gastronomia, che sapeva indicare i luoghi migliori dove, in tutta Italia, si poteva, onorare un pranzo o una cena; ne abbiamo frequentato insieme a lui più di uno; a tavola, e non solo a tavola, era un conversatore straordinario, un narratore che condiva i suoi racconti con un fine umorismo; da lui si riceveva sempre qualcosa ad ascoltarlo.
Aveva portato queste sue caratteristiche nell’interno della nostra Associazione ed aveva sempre cercato di inserire nel nostro operare quotidiano, i valori, i principi etici universali che devono permeare ogni azione umana; per questo aveva dato avvio ad una serie di conferenze intitolate Conversazioni sull’etica, che Laura Cavasassi continuò dopo che lui ci aveva lasciato; per questo era stato nostra guida illuminata nelle visite, ispirate al monachesimo e alla chiesa delle origini, a Monte Giove come a Valle d’Acqua, a Fonte Avellana come a Camaldoli.
A riparlarne, si rinnova il rimpianto di averlo perduto.