di Alberto Pellegrino
Ancona, Teatro delle Muse (19/22 febbraio 2015) La dodicesima notte, scritta tra il 1599 e il 1601,mè una delle commedie più complesse e affascinanti di Shakespeare, un’opera corale che ha i suoi ascendenti nei Menecmi di Plauto con un intreccio basato sugli scambi d’identità tra due fratelli gemelli, argomento già affrontato dal drammaturgo inglese nel 1589 con La commedia degli errori. La fonte più probabile di questo secondo lavoro è da individuarsi nella commedia italiana Gl’ingannati (1537), che era nata nell’ambito dell’Accademia degli Intronati di Siena e che ebbe grande diffusione in tutta l’Europa con rappresentazioni, adattamenti e traduzioni, che Shakespeare probabilmente conosciuti. Il titolo allude alla festa inglese della dodicesima notte (corrispondente alla nostra Epifania) chiamata così per il numero di giorni che passano tra il Natale e la notte del 6 gennaio.
La storia, ambientata nell’antica regione balcanica dell’Illiria, si basa su un complesso intreccio di amori e inganni: i fratelli gemelli Viola e Sebastiano, figli del Duca di Messina, sono rimasti vittime di un naufragio ed entrambi credono nella morte dell’altro. Arrivata sulle coste dell’Illiria, Viola, che per evitare pericoli ha indossato abiti maschili e ha adottato il nome di Cesario, arriva nella corte del Duca Orsino riesce a entrare al suo servizio come paggio. Il duca è innamorato della contessa Olivia che invece lo respinge chiusa nel lutto per la morte del fratello. Orsino decide di usare il nuovo paggio come suo ambasciatore d’amore presso la contessa che a sua volta s’innamora del giovane Cesareo. Naturalmente questo sentimento genera tutta una serie di equivoci che si complicano ancora di più con l’arrivo di Sebastian che è scambiato in diverse situazioni per Cesario. Alla fine tutto sarà chiarito e ogni equivoco si scioglierà nel lieto fine: Olivia e Sebastian si uniranno in matrimonio secondo natura, mentre Orsino scoprirà che la vera donna della sua vita è la giovane Viola. Vi è anche un filone comico rappresentato dall’arguto giullare Feste, dal gaudente zio Sir Toby, dal vacuo Sir Andrew e dall’ambizioso maggiordomo Malvolio. Sarà questo personaggio a cadere vittima di una crudele beffa ordita ai suoi danni da Maria, l’astuta servetta di Olivia, che scrive una falsa lettera d’amore in nome della contessa, per cui il maggiordomo cadrà nella trappola subendo un’atroce umiliazione.
Carlo Cecchi ha curato la regia di questa commedia su incarico del Teatro Stabile Marche Teatro, guidando uno straordinario gioco attoriale che ha imposto agli interpreti un ritmo sostenutissimo per imprimere allo spettacolo la leggerezza di un balletto. Cecchi ha creato uno spettacolo affascinante mettendo insieme diversi elementi: la bravura del cast; la bella traduzione della poetessa Patrizia Cavalli; l’efficacia della scena girevole di Sergio Tramonti, che accompagna gli ingressi e le uscite degli interpreti; le incantevoli musiche di Nicola Piovani, che interpretano alla perfezione i ritmi scespiriani della rappresentazione; il blu, il verde, il giallo e il nero che segnano lo scorrere del tempo e i variabili stati d’animo dei personaggi; la formazione dei musicisti (Luigi Lombardi d’Aquino, Sergio Colicchio, Alessandro Pirchio, Alessio Mancini e Daniele D’Ubaldo), che esegue le musiche dal vivo; gli eleganti abiti di scena di Nanà Cecchi, che sottolineano la personalità dei protagonisti.
In questa commedia corale il tema unificante è l’amore nelle sue forme più variegate e contrastate, diventando il baricentro intorno al quale ruotano le contraddizioni, le scelte, i repentini cambiamenti d’umore dei personaggi. L’amore diventa una beffa quando il cinico e vanaglorioso Malvolio è tratto in inganno da una falsa lettera d’amore, preso dall’idea di salire nella scala sociale sposando la sua padrona Olivia. L’altro tema è la follia incarnata dal buffone Feste (interpretato da un bravissimo Dario Iubatti), il quale dimostra come la ragione possa diventare follia e la follia possa diventare ragione. A proposito dello spettacolo Cecchi ha detto: “L’amore è il tema della commedia: la musica, che come dice il Duca nei primi versi “è il cibo dell’amore” ha una funzione determinante. Non come commento ma come azione. La scena reinventerà un espace de jeu che permetta, senza nessuna pretesa realistica o illustrativa, il susseguirsi rapido e leggero di questa commedia, perfetta fino al punto di permettersi a volte di rasentare la farsa”. Il gioco della scena diventa così l’essenza stessa del Teatro inteso come una grande metafora della vita, un evento che nasce, vive e muore ogni sera per rinascere il giorno dopo e riprendere il suo cammino attraverso i secoli.
Lo spettacolo, che aveva debuttato il 16 luglio 2014 nel Teatro Romano di Verona, è stato ripreso dal 19 al 22 febbraio 2015 nel Teatro delle Muse di Ancona per intraprendere poi una lunga tournée che terminerà il 31 maggio a Torino.