San-Salvatore-in-Val-di-Castro

San Romualdo da Ravenna

di Marco Belogi

Intorno all’anno mille Romualdo, il nobile figlio di Sergio di Ravenna ( lo stemma camaldolese deriva da quello della sua famiglia :gli Onesti Sassi ) conduce la sua missione di fondatore e riformatore di eremi e cenobi, con grande vigore fisico e spirituale e questa missione la compie in maniera instancabile per anni e anni , tra lotte e ribellioni, congiure di uomini e diavoli, viaggiando per tutta l’Europa e percorrendo la Marca ,sua terra elettiva, che riceve dalla sua opera un influsso pari a quello che avrà con Francesco d’Assisi. Non vi è area marchigiana che no sia battuta da quest’uomo staccato dalla vita mondana, mai sazio di isolamento, in cerca di ascesi interiore che lo ponga a contatto con l’assoluto.

“Non si dà posa , scrive san Pier Damiani nella sua vita di San Romualdo, costruito un eremo o un monastero, di nuovo in cammino in cerca di altri luoghi ove far frutti”. Tornava poi più e più volte a visitarli, esortando, correggendo, deponendo abati senza paura e riguardi. La sua austera figura ,macerata da digiuni e luminosa di celestiali visioni, era quella di un vero maestro. Batte tutta l’Italia centrale con la sua vita errabonda da una solitudine all’altra che si placherà nelle predilette pendici del Catria. Egli, uomo di pianura, rimane soggiogato dal fascino di quel luogo irresistibile. Giunge alla famosa abbazia di san Vincenzo al Furlo, fondata nel VI secolo, quando popolazioni umbre vengono a rifugiarsi dentro il potente sistema fortificato bizantino arroccato intorno al valico. La regione del Catria ,cosparsa anche per la sua opera instancabile di eremi e cenobi, è per lui prefigurazione della Gerusalemme celeste.

Tra quelle fondazioni la più celebre rimane Sitria, che il santo sceglie a sua dimora e dove si sottopone a penitenze durissime. L’amore di san Romualdo per Sitria trova riscontro solo in quello che san Pier Damiani proverà per Fonte Avellana .Forse a questa predilezione contribuisce anche il nome che ha lo stesso suono di quello di Nitria ,luogo del delta del Nilo, dove origina l’eremitismo d’Oriente, poi migrato lungo la valle nel Nera. Sitria, lontana più di un’ora di cammino dal gruppo più vicino di case, senza strada, assolutamente irraggiungibile nei mesi invernali ,è il luogo dove Romualdo raggiunge il culmine della sua maturazione di fede ,toccando i vertici della mistica.

Dopo Sitria si porta sull’Amiata, quindi sull’Appennino centrale per inoltrarsi nella valle del Casentino e salire  fino alla giogaia di Camaldoli, nel folto di una solenne foresta, fatta di abeti, larici, castagni, aceri, faggi, ippocastani, sicomori, olmi, pioppi, noccioli, ontani e querce, che ancora oggi evocano la stessa aura delle origini, quando nel 1012 san Romualdo fece costruire le prime celle su un territorio donato dal conte Mandolo di Arezzo. In quel luogo, quasi novello Giacobbe, ha in visione una scala lunghissima che tocca il cielo, sulla quale sale e scende una moltitudine biancovestita e  luminosa. Sono i suoi monaci camaldolesi

E come solitario vive la maggior parte della sua vita, così sempre solitario la conclude in una piccola capanna accanto all’eremo di Val di Castro, nel fabrianese, ai piedi del monte san Vicino. Vuole che nessuno sia presente al momento dell’incontro con Colui che egli stesso definisce Benigno Gesù. Maestro discreto e misterioso non lasca una sola  riga scritta di sé. Chi consegna alla storia degli uomini la figura  di San Romualdo , che ne narra l’avventura umana e sovrumana è un altro eremita , tutto diverso la lui, coltissimo, conoscitore di grammatica ,scrittore potente, ravennate anche lui. Sembra che Ravenna , la più antica porta dell’Oriente nella penisola, abbia  avuto il destino di trasmettere per vie ancora ignote il messaggio dell’ eremitismo nell’Occidente.

Quando il 5 settembre 1982 San Giovanni Paolo II, il grande pontefice del nostro tempo, si è recato a Fonte Avellana per celebrare il primo millennio dell’eremo, disse: “Sono venuto a dissetarmi a questa fontana di spiritualità, in quest’atmosfera dove tutto è richiamo ai valori dello spirito, dove domina il silenzio e la pace, Dio parla  al cuore dell’uomo… Sono venuto oggi in questo monastero  camaldolese per onorare la testimonianza e il contributo che la vita monastica rende alla Chiesa e nel mondo”

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