di Alberto Pellegrino
“Giorro gualdese da bisogno mosso/Di Cànetra nel bosco taglia un legno:/Di Norcia il guardian gli corre addosso/Ma bravo Giorro lo fa stare a segno:/Ogni norcin da questo fatto scosso/D’armarsi contro Visso fa disegno: /Norcia che ha più di forze vincer crede,/Ma vince Visso che nei Santi ha fede”. Con questi versi ha inizio un antico poema popolare intitolato La battaglia di Pian Perduto che, secondo la tradizione, sarebbe stato composto in ottave agli inizi del Seicento da Berrettaccia di Castelsantangelo, uno di quei pastori-poeti famosi per la loro capacità di comporre versi e di recitare a memoria interi poemi come Guerrin Meschino, Orlando furioso e La Gerusalemme liberata. Sembra che il poema fosse composto inizialmente da 94 ottave e che sarebbe stato completato nel Settecento con l’aggiunta di altre 22 ottave per un totale di 116. Questa ipotesi sarebbe convalidata dal fatto che la prima parte è animata da una certa vis comica ed è basata su una metrica semplice e scorrevole, su un linguaggio dalle forti inflessioni dialettali, mentre la seconda parte è composta da versi più vicini alla lingua italiana come se fosse opera di un autore più colto.
La battaglia ebbe luogo nella Piana di Castelluccio, un territorio montano ricco di pascoli e di boschi, un tempo dominio dell’Imperio romano e successivamente diviso tra i Comuni di Visso e di Norcia ed è proprio questa citta umbra ad aprire un contenzioso con Visso e a provocare una serie di scontri per la definizione dei confini che dovrebbero delimitare i due territori comunali. Dopo qualche secolo di contese, si arriva a questa battaglia storicamente provata avvenuta il 20 luglio 1522 e causata dal possesso di un pascolo che un tempo era appartenuto al Comune di Norcia e che era stato conquistato da Visso e dalle sue due Guaite di Ussita e Castelsantangelo.
Secondo il poema popolare, il casus belli sarebbe stato provocato da un certo Giorro che un giorno si era recato nel bosco per abbattere un faggio e impadronirsi del suo tronco. Egli fu sorpreso da un guardia boschi di Norcia che esigeva il pagamento di uno scudo e che nel caso di suo rifiuto lo avrebbe concotto in prigione. Giorro reagisce a suon di bastonate, per cui la guardia fece ritorno a Norcia coperto di ferite e questo provocò l’ira e la voglia di vendetta dei suoi concittadini che si armarono e decisero di marciare contro il comune di Visso, ma i suoi abitanti, anche se inferiori di numero, risposero con le armi in pugno e misero in fuga i Norcini, costringendoli a rinchiudersi in un loro castello. Al termine di questo primo scontro, i Vissani chiesero di poter raccogliere e trasportare i loro feriti, ma furono insultati e bastonati dai Norcini. I Vissani, ritornati nella loro città, fecero suonare a stormo le campane per chiamare alle armi il popolo impegnato nei lavori dei campi. Al suono dei loro tamburi accorsero, per unirsi alla milizia vissana e mettersi agli ordini del Governatore, Visso, gli uomini di Castelsantangelo che avevano come condottiero Buzio il figlio del Conte, “bello e di feroce aspetto”, il quale aveva sulla sua insegna l’immagine dell’Arcangelo San Michele; arrivarono anche gli uomini di Montemonaco, di Montefortino e di Ussita che avevano sulla loro insegna una volpe. A sua volta Norcia chiamò a raccolta tutti gli uomini delle sue contrade e li pose sotto la guida del capitano Arbillo. I due eserciti si affrontarono con grande violenza nell’altopiano di Castelluccio e ci fu molto spargimento di sangue. I Norcini, che avevano mangiato e bevuto abbondantemente prima dello scontro, furono sconfitti, persero le armi e il loro vessillo, furono costretti ad abbandonare il campo di battaglia, mentre i Vissani, ormai padroni del Pian Perduto, ringraziarono i loro Santi protettori per la vittoria conseguita.