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Etimologia di Apiro

di Maurizio Cinelli

   Non è infrequente, tra gli abitanti dei territori limitrofi fino a Macerata, denominare la città Lapiro, piuttosto che Apiro: vai a Lapiro? sei di Lapiro? si può sentir dire, specie se la domanda è formulata con accento dialettale.

Si tratta indubbiamente di un retaggio di quando la città era soltanto un castello: il castello di Lapiro (o Lapiri), appunto.

Ma curiosità e fantasia non si appagano facilmente, e vengono prospettate anche altre possibili etimologie, destinate a coinvolgere anche la denominazione di quell’antico castello. Da “a-piro”, cioè, senza fuoco o fiamme (cioè a dire disabitato, se il fuoco, o focolare, indica la sussistenza di famiglie o gruppi stanziali), da parte di chi ritiene di dover privilegiare una ipotetica ascendenza da terminologia greca. Oppure da “pyra”, pira funeraria, per chi, viceversa, ritiene di dover privilegiare una toponomastica che trae alimento dalla vicinanza con la necropoli, testimoniata dai ritrovamenti archeologi, di località Montalvello.

Ma l’etimologia che sembrerebbe più accreditata, se non altro per l’autorevolezza del letterato che l’ha prospettata, Giovanni Mestica, cittadino di Apiro, autore (tra l’altro) del famoso dizionario della lingua italiana, è quella che privilegia la possibilità di derivazione da espressione latina: Apud pirum, “in prossimità del pero”, cioè dell’albero (per la circostanza, necessariamente di particolare imponenza) che, per ergersi sul colle ed essere dunque ben visibile da lontano, verosimilmente può avere assunto il ruolo di eminenza indicativa e identificativa dello stesso abitato che intorno ad esso si è venuto formando.

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