Marche, terra di teatri

di Alberto Pellegrino

“Marche Terra di Teatri”, un’espressione che riflette una ricchezza di edifici e tradizioni teatrali diffuse su tutta la regione, dove furono costruiti 113 teatri e di questi sono rimasti settanta attualmente restaurati e perfettamente  funzionanti. Una tale particolare densità di teatri storici, che costituisce una specifica caratteristica della nostra regione, deriva da una moda del teatro che nella prima metà del Settecento prende piede nell’aristocrazia, nei ceti professionali e nel mondo intellettuale. Per tutto l’Ottocento si diffonde in tutte le classi sociali urbane, la passione per il melodramma e per il teatro di prosa praticato non solo da attori professionisti, ma anche da compagnie di filodrammatici appartenenti alla nobiltà. Si avverte quindi l’esigenza di dotare i grandi e i piccoli centri urbani di un teatro aperto al pubblico, con lo scopo di creare uno spazio destinato a un “sano” divertimento soprattutto per i giovani.

In realtà i teatri non sono visti solo come un centro di aggregazione sociale e di vita culturale, ma costituiscono anche un motivo di orgoglio e di prestigio per le “Piccole Patrie” gelose della propria autonomia politica e culturale, così che in molte città marchigiane si approfitta di una favorevole congiuntura economica dell’agricoltura per fare il via a una fioritura di edifici teatrali, che sono spesso progettati da grandi architetti come Antonio Galli Bibiena e Giuseppe Piermarini, Domenico Morelli, Pietro Maggi e Luigi Poletti, oppure dai marchigiani Domenico Bianconi, Pietro Ciaffaroni, Giuseppe Lucatelli, Ireneo Aleandri, Pietro e Vincenzo Ghinelli, Giuseppe Sabbatini, Luigi Petrini. I teatri sono costruiti su iniziativa di un’associazione di privati che assume il nome di condominio teatrale che provvede al finanziamento e alla realizzazione del progetto per messo dell’autotassazione, fissando delle quote associative che garantiscono la proprietà di uno o più palchi, di solito del primo e secondo ordine, assicurando anche la gestione e la manutenzione dell’edificio attraverso una delegazione teatrale appositamente nominata.

I condomini a volte sono “pubblici”, in quanto l’iniziativa viene presa dalla municipalità, che mantiene la proprietà dell’edificio; in altri casi i condomini sono “misti”, perché nascono con capitali della municipalità e di privati. Nell’Ottocento il teatro si apre a una sorta di “democratizzazione” pilotata, per cui l’architettura teatrale riflette una gerarchia basata su di una rigida distinzione per status sociale: i tre ordini di palchi sono proprietà dell’aristocrazia, con i tre palchi centrali del secondo ordine destinati alle autorità civili, militari e religiose; la platea è riservata ai forestieri, alla piccola nobiltà di campagna, alla media borghesia formata da possidenti, professionisti, militari e pubblici impiegati; infine il loggione è destinato ad artigiani e bottegai. In molti di questi teatri, dalla seconda metà del Settecento ai primi decenni del Novecento, si allestiscono importanti stagioni liriche con la partecipazione di grandi cantanti a testimoniare che, fino alla prima guerra mondiale, il melodramma è il dominatore incontrastato delle nostre scene per essere poi gradualmente scalzato dal teatro di prosa e, nel gusto popolare, dall’avvento del cinematografo.

 

I maggiori teatri marchigiani

Fra i tanti teatri storici presenti nelle grandi e medie città come nei piccoli centri abitati delle Marche vanno segnalati per la loro importanza architettonica e per una solida tradizione artistica il Teatro Raffaello Sanzio di Urbino, il Teatro Rossini di Pesaro, il Teatro della Fortuna di Fano, il Teatro Comunale di Cagli, il Teatro Pergolesi di Jesi, Il Teatro Gentile di Fabriano, il Teatro Lauro Rossi di Macerata, Il Teatro Feronia di San Severino Marche, il Teatro Vaccai di Tolentino, il Teatro Marchetti di Camerino, il Teatro Piermarini di Matelica, il Teatro dell’Aquila di Fermo e il Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno. Per loro particolari caratteristiche vanno segnalati il Teatro della Rocca costruito nella fortezza di Sassocorvaro che presenta una particolare forma a “U”; Il Teatro Flora di Penna San Giovanni costruito completamente in legno e arricchito da preziose decorazioni pittoriche; il Teatro della Rondinella di Montefano dove le strutture portanti e le ringhiere traforate dei palchi sono state realizzate in ghisa; il Teatro Alfieri di Montemarciano costruito alla fine dell’Ottocento dall’ing. Ernesto Marotti, un esempio dell’evoluzione tecnologica in atto perché edificato con l’impiego di strutture di ferro e ghisa.

Le Marche terra di artisti

La fioritura di teatri nelle Marche trova una sua logica spiegazione in una vasta civiltà teatrale che parte dal Rinascimento per attivare fino ai nostri giorni con esponenti di rilievo in tutti i campi dello spettacolo.

Nelle Marche e precisamente nella città ducale di Urbino nasce il primo allestimento scenico dell’età moderna quando, per onorare il Duca Francesco Maria I della Rovere, si decide si allestire un grande spettacolo nella sala del trono nel Palazzo Ducale. Per l’occasione si ha l’incontro di tre grandi ingegni Bernardo Dovizi detto il Bibbiena mette a disposizione la sua commedia La Calandria, l’architetto di corte Girolamo Genga progetta una grandiosa scenografia, mentre uno dei più celebri intellettuali del Rinascimento, Baldassare Castiglione, scrive i quattro intermezzi della commedia e firma la prima regia del mondo occidentale.

Le Marche vantano anche altri primati in campo teatrale, poiché dato che l’architetto pesarese Nicola Sabbatini scrive il primo trattato di scenografia Pratica di fabbricar schene e Machine ne’ Teatri (1637), mentre l’architetto e scenografo fanese Giacomo Torelli si afferma come il più grande scenografo d’Europa prima a Venezia poi a Parigi nella corte del Re sole.

Nel campo del teatro spiccano i nomi di Annibal Caro, autore della Commedia degli straccioni; Guidobaldo Bonarelli, autore della Filli di Sciro (1607), autore del terzo dramma pastorale nella storia teatrale italiana; il sanseverinate Virgilio Puccitelli, poeta di corte in Polonia e Vilnius (1628-1648) e autore di dodici drammi per musica; l’anconetano Prospero Bonarelli, autore del Solimano (1619), considerata la maggiore tragedia del Seicento; Domenico Lazzarini, autore del dramma Ulisse il giovane (1720). In epoca contemporanea vanno indicati per la loro importanza i commediografi Ercole Luigi Morselli, Ugo Betti, Antonio Conti, Luciano Anselmi, Valentino Bompiani, Plinio Acquabona, il regista cinematografico Matteo  Mattòli.

Notevole la presenza di attori tra i più rappresentativi della scena italiana: Cesare Rossi, Oreste Calabresi, Ruggero Ruggeri, Annibale Ninchi, Glauco Mauri, Massimo Girotti, Valeria Moriconi, Franco Graziosi

In campo musicale, accanto a due grandi rappresentanti della scuola napoletana come Giuseppe Giordani Giordaniello e Nicola Zingarelli che operano nelle Marche per gran parte della loro vita, vanno ricordati i compositori marchigiani Pietro Pace, Aldebrando Subissati, Venanzio Rauzzini, Domenico Silveri, Livio Liviabella, il coreografo civitanovese Enrico Cecchetti, i numerosi autori di oratori sacri e i grandi operisti  Pergolesi, Spontini e Rossini, affiancati da autori importanti come Nicola Vaccai, Giuseppe Persiani, Lauro Rossi, Alessandro Nini, Filippo Marchetti. Secondo accurate ricerche, risulta che nelle Marche, tra il Seicento e il Settecento, abbiano operato duemila professionisti tra maestri di cappella, organisti, componenti di orchestre e cantanti. A partire dall’Ottocento le Marche hanno dato i natali una serie di straordinari canti lirici: Angela Catalani, Elena Fioretti, Ettore Marcucci, Mario Tiberini, Francesco Graziani, Beniamino Gigli, Renata Tebaldi, Franco Corelli, Sesto Bruscantini

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